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Wei, ciao come stai?

Era da un po’ di tempo che non usavo questo blog come strumento di sfogo, ma non vedo perché non riprendere ad usarlo anche per questo scopo.

Wei, ciao come stai? era il saluto retorico che negli ultimi mesi mi sono scambiato con mio padre. Sapevamo entrambi come stava, ma io avevo bisogno di un gancio qualsiasi per iniziare con lui la conversazione.

Ieri (27/11/25) Eugenio, per tutti Gegé, è morto. Era testardo, introverso, aveva paura di mostrarsi debole, era incapace di comunicare i suoi sentimenti e paure. Non riusciva a stare fermo, amava viaggiare e cambiare orizzonti ed ho (ri)costruito un rapporto con lui solo dopo i 25 anni, quando ho capito come fosse in realtà in un viaggio padre-figlio di un mese in Sud America.

Quando si sentiva solo, e vivevamo ancora insieme, veniva a darci fastidio (una mano ghiacciata nel collo, o un giro in camera per dire “we! che fai?”), perché era il suo modo di mostrare che era lì, presente, e che voleva stare con noi anche se non sapeva che dire, ed amava stare in nostra compagnia, anche se in imbarazzato silenzio. Ho ereditato (purtroppo?) da lui questo tratto, la sola presenza di persone a me care mi rende tranquillo e non sento la necessità di dover parlare, ma ci sto lavorando. Nel frattempo mio figlio ha ereditato il carattere introverso e caotico, è l’unica persona che conosco superiore al nonno nella scala del “dare fastidio” alle persone.

A suo modo mio padre ha sempre cercato di difendere e proteggere chi gli stava vicino, spesso in modo burbero e caotico, quasi dispotico. Questo perché si è sempre sentito addosso la responsabilità di garantire a tutte le persone a lui care una migliore qualità della vita sia che fosse un familiare che un collega. Era per lui un dovere morale, e non ti ascoltava se, in fondo, tu stavi bene come stavi.

Ha aiutato in tanti a migliorarsi ed è stato per me fonte di ispirazione nel mondo del lavoro e delle amicizie (“fai quello che senti giusto, non aspettarti nulla in cambio” è una delle frasi che più mi ha segnato). Ho ricevuto il suo vero primo “sono fiero di quello che state facendo“, esplicito e detto a parole con me in presenza, solo due settimane fa e sono abbastanza sicuro che non abbia mai detto a Chiara che la reputava una grande professionista senza se e senza ma, come mi ha confidato un paio di giorni fa e come ho letto stasera su un messaggio mettendo a posto alcuni documenti, perché lui non poteva dirti che sei stato bravo/a, doveva spingerti ad essere bravissimo/a.

Anche io, come lui, ho fatto una grande fatica a digli quello che pensavo e tuttora ho il rimorso di aver paura di non averglielo fatto capire fino in fondo.

Sul tema della famiglia mi ha ricordato, durante il mio burnout, che è la prima cosa da mettere davanti al lavoro, o alla carriera, cosa che, su sua ammissione, lui ha imparato troppo tardi pensando che solo la sua dedizione al lavoro fosse necessario per il nostro benessere. Benessere che ci è stato garantito economicamente da lui, ma anche e soprattutto grazie al sostegno e la cura di mia madre, che lo ha su/opportato negli ultimi 50 anni su tutti gli altri aspetti.

Cosa che lui sapeva benissimo, ma non penso abbia saputo esprimerle a parole, ma solo implicitamente nella fiducia incondizionata dandole delega di praticamente tutto e nei regali materiali, strumento per lui indispensabile per mostrare il suo affetto. Osservando questa sua incapacità ho imparato che dire un grazie esplicito alle persone è essenziale per farle sentire parte della tua vita.

Negli ultimi mesi abbiamo parlato spesso di questo aspetto e di come era contento di come i rapporti con noi fossero evoluti e di come stessimo crescendo i nipoti, per i quali stravedeva.

Gia qualche anno fa si era stancato di relazioni fittizie ed aveva deciso di ridurre al minimo la sua esposizione online ad un numero molto limitato di persone, con le quali intratteneva rapporti, concreti, anche al di fuori del web, e ha continuato a chiamare fino all’ultimo giorno al telefono le persone di cui voleva sentire la voce anche solo per fare delle chiacchere. Se siete tra queste persone o anche semplicemente lo conoscevate ricordatevi di lui, non per post o like ma per tutto il resto.

ciao Gè.

Mi mancherai.