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È tutta questione d’abitudine…

Non so se vi è mai capitato di vedere un episodio di extreme makeover: home edition (una sorta di Pimp my House), ne ho visti alcuni episodi in quei momenti di spegnimento di cervello forzato che passano tra la cena ed il leggere qualcosa (blog, libri o fumetti).

Ogni volta rimango sbalordito di come, tralasciando l’esagerazione puramente da reality, queste persone vivano in letamai fatiscenti semplicemente accettando il fatto che “tanto è così e non ci possiamo fare nulla“.

Un giorno però un pensiero mi è balenato più o meno così nel cervello: “macchecaz saranno in 20 in quella casa, vuoi che uno di loro non possa prendere una pinza a pappagallo e chiudere il tubo che gli sta allagando la cantina da 2 anni…” tutto questo mentre osservavo le immagini di uno scantinato con 40cm d’acqua dove alcuni mobili navigavano allegramente.

Passato questo momento di stizza verso persone così pigre da rovinarsi la salute e farsi i debiti con la bolletta dell’acqua piuttosto che prendere la situazione di polso e reagire per tempo e così abituate ad una situazione tanto assurda da non farci neanche più caso, sono andato in bagno (ho fatto quel che c’era da fare) e guardando il rubinetto con appoggiato li vicino il nuovo filtro da cambiare (da circa 6 mesi) ho iniziato a prendermi a schiaffi da solo.

Se la pigrizia è un grande nemico, l’assuefazione alle situazioni che ne derivano lo è ancora di più.

Qualche tempo dopo una applicazione, la cui una suite contava oltre 1000 test, è schiattata miseramente durante una build in produzione di routine. Nulla di grave, abbiamo fatto un rollback e poi iniziato ad indagare. Non trovando nulla di errato nella suite di test, che per di più copriva gran parte del codice ed era scritta a regola d’arte in base alle procedure interne, abbiamo iniziato a far reverse engeneering del problema scoprendo che alcuni test, perfettamente leciti e sicuramente indispensabili, non prendevano in considerazione alcuni aggiornamenti marginali portati sulle macchine di staging e di produzione ma non su quella di continuous integration.

La routine portata troppo avanti nel tempo ci può fare perdere di vista alcune cose essenziali, come il fatto che nulla è veramente marginale.

Ultimamente discutendo con alcuni imprenditori d’oltralpe (e future speranze italiane) è emerso il discorso che i pagamenti delle fatture siano fatti in Italia sulla metodologia aBM e che siccome è la normale routine per le grosse aziende pagare con tale tempistiche è diventata abitudine, per le piccole aziende loro fornitrici, chiedere direttamente quel genere di pagamento lamentandosi, dopo, come sia tutto molto più difficile per chi vuole solo fare il proprio lavoro.

La morale è chiara.

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