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L’arte dell’abduzione: come un filosofo dell’800 può salvare i tuoi progetti di innovazione

Mentre tutti si focalizzano su business model, MVP e framework spesso la vera chiave dell’innovazione potrebbe trovarsi in un concetto filosofico di 150 anni fa che tendiamo ad ignorare.

Qualche settimana fa, durante un workshop con una startup che voleva portare innovazione nel proprio prodotto, mi sono trovato davanti alla solita scena: team brillante, slide perfette sul product-market fit, roadmap dettagliata. Tutto corretto, tutto logico. Eppure mancava qualcosa. Quella scintilla che trasforma un’idea in qualcosa che funziona davvero.

Il problema non erano gli strumenti, quelli li conoscevano bene. Il problema era nel modo di pensare.

Peirce e i tre modi di ragionare

Charles Sanders Peirce, filosofo americano della fine dell’800, non era certo uno che si accontentava delle definizioni da manuale. Mentre tutti parlavano di induzione e deduzione, lui tirò fuori un terzo modo di ragionare: l’abduzione.

Facciamola semplice:

  • Deduzione: applico regole note a casi nuovi (“se tutti i cigni sono bianchi, anche quello laggiù lo sarà”)
  • Induzione: generalizzo da casi osservati (“ho visto mille cigni bianchi, quindi tutti lo sono”)
  • Abduzione: formulo ipotesi creative per spiegare fatti nuovi (“vedo un cigno nero… forse la mia teoria sui cigni è sbagliata”)

Quell’ultimo punto è fondamentale. L’abduzione è quel salto mentale che ti fa dire: “E se fosse così?” Non è certezza, è “intuizione guidata“.

Dall’abduzione al business design

Ora, collegando questo al nostro mondo di tutti i giorni: ogni volta che affrontiamo un problema di innovazione, in realtà stiamo navigando tra questi tre modi di pensare. E qui entra in gioco quello che chiamiamo business design: l’arte di orchestrare questi ragionamenti per creare valore.

Il percorso tipico di una startup moderna segue questa logica:

Abduzione ? Problem-Solution Fit
Osservi un indizio (comportamento strano degli utenti, feedback ricorrente, pattern nascosto nei dati) e formuli un’ipotesi: “Forse il vero problema è X, e la soluzione potrebbe essere Y“. Non hai certezze, ma hai una spiegazione plausibile che vale la pena esplorare.

Deduzione ? MVP e sperimentazione
Prendi la tua ipotesi e ragioni: “Se davvero il problema è X e la mia soluzione Y funziona, allora dovrei vedere comportamenti specifici quando testo un prototipo“. Costruisci qualcosa di minimo ma significativo per verificare la logica.

Induzione ? Solution-Market Fit
Raccogli dati reali, osservi pattern ricorrenti, misuri metriche concrete. Se i numeri si ripetono e confermano la tua teoria, hai trovato non solo una soluzione che funziona, ma un mercato che la vuole.

Il business design è proprio questo: saper orchestrare abduzione, deduzione e induzione per trasformare intuizioni in business sostenibili. Non è solo product management o marketing, è l’architettura del pensiero strategico.

Ma qui viene il bello: se l’MVP non viene validato, non è un fallimento. È semplicemente l’invito a tornare all’abduzione, a riformulare l’ipotesi, magari scoprendo un problem-solution fit completamente diverso.

Un classico caso da manuale è la startup che ha sviluppato un’app per il fitness e si ritrova a dover convivere con numeri erano spietati su tassi di retention degli utenti, ie. il 70% degli utenti non rinnovava l’abbonamento dopo il primo mese.

Se ci fermassimo al solo approccio deduttivo otterremmo le solite soluzioni: “aggiungiamo più funzionalità“, “miglioriamo la UX“, “facciamo più push notifications“. L’induzione non ci aiuta neppure, perché conferma il pattern: “gli utenti si iscrivono motivati, poi mollano, è sempre andata così“.

Ed è qui che bisogna fare qualcosa che, purtroppo, molti PO (ed alcuni imprenditori) valutano una perdita di tempo. Brainstorming puro senza paura di sbagliare. Cioè quelle attività che favoriscono il nascere di domande come: “E se il problema non fosse l’app in sé, ma il fatto che allenarsi da soli è noioso?

Cioè abduzione pura.

Da lì nascono poi le idee di trasformare ogni workout in una sfida collaborativa con altri utenti, sfide che il fitness sociale gamificato ci ha fatto conoscere in questi ultimi anni.

I futuri possibili non sono tutti uguali

Qui entra in gioco un altro strumento che uso spesso: il futures cone. Immaginate un cono che si allarga nel tempo: alla base c’è il presente, e man mano che guardi avanti trovi diversi tipi di futuro.

  • Possibili: tutto quello che possiamo immaginare
  • Plausibili: scenari supportati da trend e dati
  • Probabili: sviluppi attesi se continua così
  • Preferibili: futuri che vogliamo contribuire a creare

L’abduzione si muove nei futuri possibili, la deduzione esplora i plausibili, l’induzione fotografa i probabili. Ma il management può decidere quale futuro preferire.

Pratica quotidiana: dalla teoria alla scrivania

Come trasformare tutto questo in qualcosa di concreto?

Nel prossimo progetto di innovazione, provate a fare così:

  1. Fase abduttiva – Sedetevi con il team e fate il gioco del “E se…?” senza vincoli. Cercate ipotesi che spieghino il problema da angolazioni nuove.
  2. Fase deduttiva – Per ogni ipotesi interessante, definite: “Se fosse vera, cosa dovremmo osservare?” Costruite micro-test, non MVP perfetti.
  3. Fase induttiva – Raccogliete dati, ma non solo metriche. Parlate con le persone, osservate comportamenti, cercate pattern.
  4. Scelta del futuro preferibile – Tra le opzioni che funzionano, quale contribuisce al mondo che volete vedere?

Avete notato come molte di queste domande ed attività siano le stesse che ci si pone scrivendo gli OKR?

Il punto non è prevedere, è navigare

In fondo, gestire l’innovazione non significa trovare LA risposta giusta. Significa allenarsi a muoversi nell’incertezza, a formulare ipotesi plausibili e a sperimentarle senza paura.

Il futuro non è un destino scritto: è un ventaglio di possibilità che aspetta solo che qualcuno osi chiedersi “E se invece fosse così?”

Nei miei workshop con i bambini sul pensiero critico, questa è la frase che ripeto di più. E, per fortuna, funziona anche con gli adulti.

C’è un collegamento interessante che emerge spesso quando lavoro con i team sulla definizione degli OKR: l’abduzione è il carburante nascosto che alimenta gli Objectives, ma troppo spesso viene saltata. I team si fiondano direttamente sulla strutturazione – “dobbiamo aumentare la retention del 20%” – senza aver prima esplorato le ipotesi creative su PERCHÉ quella metrica sia importante e COSA potrebbe realmente spostarla.

L’abduzione precede la pianificazione strategica. È quel momento in cui, davanti a dati ambigui o opportunità unclear, ci si ferma a chiedersi: “Quale storia potrebbero raccontare questi indizi?” Solo dopo quella riflessione puoi tradurre le intuizioni in Objectives chiari e Key Results misurabili.

In sostanza, se vi siete mai chiesti perché alcuni team riescono a innovare davvero mentre altri rimangono bloccati sui soliti schemi, forse la risposta non è negli strumenti che usano. È nel modo in cui pensano.

Se vuoi approfondire ulteriormente iscriviti al corso sugli OKR che terrò prossimamente.