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Theory of Change e formazione aziendale: costruire il futuro a ritroso

TL;DR: Mi hanno chiesto un catalogo di corsi per la trasformazione aziendale. Gli ho dato una Theory of Change. Perché la formazione non è shopping, è costruire il futuro a ritroso.

Qualche settimana fa mi arriva una chiamata. Un’azienda in quella fase dove si è cresciuti abbastanza da avere problemi seri ma non abbastanza da avere le risorse per risolverli bene. Mi chiedono supporto per “scegliere i contenuti formativi giusti per un processo di trasformazione aziendale nel medio-lungo termine.

La prima domanda che mi fanno, dopo i convenevoli di rito: “Quali corsi ci consigli fare? Possiamo vedere insieme un catalogo di formazione su trasformazione digitale?

E lì mi siccome ultimamente sono in fissa con la ToC mi si accende la lampadina. Non quella delle buone idee, quella che mi suggerisce di fare esperimenti.

Perché dietro quella domanda apparentemente innocente si nasconde un assunto pericoloso: stanno pensando alla formazione come a un acquisto su Amazon. Scorri il catalogo, aggiungi al carrello “Agile Mindset”, “Digital Leadership”, magari “Data-Driven Decision Making” tanto per non farsi mancare nulla, e checkout.

Manca completamente la logica che collega quei corsi al futuro che vogliono costruire. È come se qualcuno ti chiedesse: “Voglio ristrutturare casa, quali attrezzi mi consigli?” senza prima chiedersi “Che tipo di casa voglio quando finisco?” Magari stai comprando un martello pneumatico quando in realtà ti serve una spatola per cartongesso.

Ecco, la connessione che mi è venuta in mente in quel momento è che la Theory of Change non serve solo per progetti sociali o di sostenibilità. Può anche essere molto utile per progettare percorsi formativi che abbiano senso.

Gli ho risposto: “Non vi serve un catalogo. Vi serve una mappa.

La formazione vista come una spesa, non un investimento

Il problema è più o meno questo, le aziende hanno:

  • Una mission chiara (almeno sulla carta): “Vogliamo diventare leader nel nostro settore“, “Vogliamo innovare il nostro modello di business“, “Vogliamo essere data-driven
  • Un budget formazione allocato: tot euro l’anno per “sviluppo risorse umane
  • Una lista di corsi: leadership, agile, cloud, AI, soft skills varie ed eventuali

Quello che manca è il pezzo nel mezzo: la logica causale che spiega come quei corsi dovrebbero portare a quella mission. È un salto nel vuoto travestito da pianificazione.

Il risultato? La formazione viene vissuta come un costo da giustificare (“tutti fanno questa formazione, quindi la facciamo anche noi“, che mi risuona tanto quanto “se si buttano tutti ad un ponte li seguiamo a ruota” ), non come un investimento strategico. Alla fine dell’anno guardi i numeri: “Abbiamo formato 150 persone su temi digitali!” Fantastico. E poi? Siete più data-driven? “Beh, speriamo.”

Sperare non è una strategia.

Quando inizio a fare le domande scomode, il tipo di domande che uso sempre nei miei workshop sugli OKR, succede una cosa interessante:

F: “Supponiamo di aver raggiunto il vostro obiettivo tra 24 mesi: come fai a sapere che la formazione ha contribuito?

Silenzio.

F: “Quali competenze specifiche devono esistere perché quella trasformazione si realizzi davvero?

A: “Beh… competenze digitali?

F: “Okay, ma quali? E in chi? E perché proprio quelle? Che causalità c’è tra un corso di Python e il vostro obiettivo di essere più innovativi?

A: “Beh… Python serve sempre, no?

Ecco il problema. Non è che le risposte siano sbagliate, è che non ci sono proprio. Nessuno si è fermato a chiedersi: cosa deve succedere, passo dopo passo, perché il futuro che immaginiamo diventi reale? E quali competenze abilitano ogni passaggio?

E se costruissimo una mappa a ritroso?

La Theory of Change (ToC) è nata negli anni ’90 nel settore nonprofit per rispondere a una domanda semplice ma brutale: “Come fai a sapere se il tuo progetto (sociale) funziona?” Non “hai fatto le attività?” ma “stai davvero creando il cambiamento che volevi?”

Il principio base è controintuitivo ma potente: backwards mapping. Invece di partire da “cosa facciamo oggi” e sperare di arrivare da qualche parte, la ToC ti fa partire dal goal finale che vuoi raggiungere e poi, passo dopo passo, ti chiedi: “Cosa deve accadere immediatamente prima perché questo si realizzi?”

Quando ho passato sei mesi con quasi 1000 bambini pensando di insegnargli a programmare, in realtà stavo costruendo una Theory of Change educativa. Il mio goal a lungo termine era “formare future persone raziocinanti”, non “futuri developer”. E ho lavorato all’indietro: perché questo accada, devono aver sperimentato che sbagliare non è catastrofico, devono aver visto altri sbagliare e imparare, devono aver avuto feedback immediato. E per creare queste condizioni? Giochi dove il fallimento è parte delle regole, robot che danno feedback inequivocabile, gruppi dove tutti vedono tutti.

Era una ToC anche quella, solo applicata all’apprendimento invece che ad altri tipi di progetti a lungo termine.

E lì mi è scattato qualcosa. Se la ToC funziona per mappare percorsi educativi con bambini, perché non dovrebbe funzionare per progettare formazione aziendale? Dopotutto, in entrambi i casi stai cercando di creare competenze che non esistono ancora per abilitare un futuro che vuoi costruire.

La connessione è diretta: la ToC è lo strumento perfetto per progettare percorsi formativi perché:

  • Parte dal futuro desiderato (la tua mission/vision aziendale)
  • Identifica le precondizioni necessarie per arrivarci (incluse le competenze)
  • Esplicita le assunzioni che stai facendo (e che devi validare)
  • Crea indicatori per ogni livello, così sai se stai andando nella direzione giusta

Non è magia. È solo onestà intellettuale applicata alla pianificazione.

Un esempio concreto

Facciamo un esempio pratico, perché la teoria senza pratica è solo aria fritta.

Immaginiamo un’azienda manifatturiera che vuole “diventare data-driven nei prossimi 24 mesi” e facciamo backwards mapping.

Long-term goal (24 mesi): Le decisioni strategiche sono basate su analisi di dati quantitativi, non solo su “esperienza” o “sensazione”.

Bene. Ora torniamo indietro. Cosa deve accadere immediatamente prima perché questo goal si realizzi?

18 mesi: I manager sanno interpretare dashboard e KPI senza chiedere aiuto. Guardano i numeri e capiscono cosa significano, cosa fare.

E prima ancora?

12 mesi: I team operativi producono dati puliti e affidabili. Non più Excel sballati o metriche inventate sul momento.

E prima?

9 mesi: Esiste una cultura della misurazione. La gente ha smesso di dire “secondo me” e ha iniziato a dire “secondo i dati”. Perché ha capito che misurare aiuta, non rompe.

E prima?

6 mesi: Il team ha acquisito sia competenze tecniche (SQL, BI tools, data visualization) sia competenze concettuali (quali metriche contano, come evitare vanity metrics, come leggere la causalità).

E prima ancora?

3 mesi: Partono i percorsi formativi specifici: workshop su KPI e metriche actionable, corsi su tool di BI, sessioni pratiche su data literacy.

E cosa serve oggi, per far partire tutto questo?

Oggi: Budget allocato, executive sponsor che ci crede davvero, tempo protetto per la formazione (non “fallo quando hai tempo”), scelta di formatori che conoscono il dominio, non solo i tool.

Ecco il tuo pathway of change. Ogni step è un’ipotesi causale: “Se accade X, allora può accadere Y”. Ma sono ipotesi esplicite, non speranze implicite.

Ora viene la parte interessante: le assunzioni critiche da validare.

Perché tutto questo pathway si regga, alcune cose devono essere vere:

  • I manager vogliono davvero decidere con i dati, o preferiscono l’intuito e stanno solo facendo finta?
  • L’infrastruttura tecnica esiste o va costruita da zero?
  • Il budget è stabile o a rischio al primo trimestre negativo?
  • Il C-level supporta davvero questo cambio culturale o è solo l’ennesima slide powerpoint?
  • I formatori che sceglieremo sanno tradurre concetti astratti in azioni concrete per il nostro dominio?
  • Le persone hanno tempo/spazio per applicare quello che imparano?
  • La cultura aziendale supporta il cambiamento o lo ostacola sottilmente?

Se anche una sola di queste assunzioni è falsa, tutta la tua Theory of Change crolla. Ed è meglio scoprirlo prima di investire 50k€ in formazione.

Come le validi? Piccoli test. Interviste. Pilot. Non lanci tutto subito, testi le assunzioni una per una. Esattamente come farebbe una startup con un MVP, ma applicato alla formazione.

Questo approccio ti dice anche quali corsi NON servono. Se nel tuo pathway non c’è “competenze avanzate di machine learning”, forse quel corso fighissimo su AI e neural networks può aspettare. Può sembrare figo nel catalogo, ma non ti avvicina al tuo goal. È noise, non signal.

Impact Pathway Formativo

A questo punto qualcuno potrebbe dire: “Okay Fullo, bello il discorso, ma nella pratica come lo strutturi?”

Qui entra in gioco il framework classico della ToC, che possiamo adattare alla formazione. Non è rocket science, è solo un modo strutturato per pensare ai livelli del cambiamento. Prendiamo la tabella standard e la traduciamo in linguaggio per la formazione:

Impact – L’effetto a lungo termine che la formazione contribuisce a generare.
Esempio: “Team che iterano velocemente senza paura di fallire, esattamente come i bambini con cui ho lavorato che hanno capito che sbagliare è parte del processo.”

Outcome – I risultati intermedi che rendono possibile l’impatto finale.
Esempio: “Developer che fanno code review costruttive”, “Manager che prendono decisioni basate su dati”

Output – I risultati diretti delle attività formative.
Esempio: “20 developer formati su tecniche di peer review efficace”, “15 manager che sanno leggere e costruire dashboard”

Activities – Le attività concrete di apprendimento.
Esempio: “Workshop da 2 giorni su feedback efficace con sessioni pratiche”, “Corso online + mentoring 1-1 su SQL e BI tools”

Inputs – Le risorse necessarie per abilitare le attività.
Esempio: “Budget 30k€”, “2 facilitatori esterni + 1 mentor interno”, “Tempo: 3 mezze giornate a trimestre per 6 mesi”

Ogni livello è un’ipotesi causale da validare. Non è una lista di buone intenzioni, è una catena logica dove ogni anello deve reggere.

La potenza di questo approccio è che ti costringe a pensare a più livelli di misurazione. Non solo “quante persone abbiamo formato” (Output), ma anche “stanno applicando quello che hanno imparato?” (Outcome) e “stiamo vedendo il cambiamento organizzativo che volevamo?” (Impact).

E se a un livello le cose non funzionano, sai esattamente dove intervenire. Se l’Output è buono (tanta gente formata) ma l’Outcome è scarso (nessuno applica), il problema non è il numero di corsi, è il trasferimento dalla teoria alla pratica. Magari serve più mentoring, o rimuovere barriere organizzative, o cambiare approccio didattico.

Senza questa struttura, fai tutto insieme in un unico calderone e quando le cose non funzionano non sai dove guardare. “La formazione non ha funzionato” è un’informazione inutile. “L’Output era buono ma l’Outcome no perché le persone non avevano tempo di applicare” è un’informazione actionable.

Collegamenti

In anni di lavoro, ho appreso (anche e soprattutto da errori) che le aziende vogliono risultati ma non sempre hanno un metodo per costruire il percorso. E ho capito che servono più pezzi del puzzle, non uno solo.

Prima c’è l’abduzione: prima ancora di fare backwards mapping, serve l’intuizione creativa. Serve l’abduzione: formulare ipotesi nuove per spiegare fatti inspiegabili. “I manager non applicano quello che imparano nei corsi di leadership” ? e se il vero problema non fosse il corso, ma il fatto che non hanno tempo per sperimentare? O che la cultura aziendale punisce chi sbaglia? Quella scintilla abduttiva è ciò che precede la ToC.

Poi i Futures Cone: il long-term goal della tua ToC non è una previsione, è una scelta. Ed è esattamente quello che ho spiegato nell’articolo su Futures Cone e OKR. Il futuro non è un punto fisso ma un cono di possibilità che si allarga nel tempo: Possibili, Plausibili, Probabili, Preferibili. Quando costruisci una ToC formativa, stai definendo il tuo futuro preferibile. Non stai prevedendo cosa succederà, stai scegliendo quale futuro costruire attraverso le competenze che sviluppi. La formazione è il modo per ridurre il cono dell’incertezza, passando dal “possibile” al “probabile” al “realizziamo questo, dannazione”.

Infine gli OKR: una volta costruita la tua Theory of Change formativa, come la metti in pratica? Come la misuri? Gli OKR diventano il sistema operativo della tua ToC. Ogni outcome intermedio diventa un potenziale Objective, ogni indicatore diventa un Key Result per validare se quell’outcome si sta realizzando, ogni attività formativa diventa un’Initiative che contribuisce a muovere quei KR.

Come ho spiegato nell’articolo su Theory of Change ed editoria, dove ho raccontato come i miei tre libri sono nati da una ToC personale:

Tutti e tre seguono la stessa logica: backwards mapping da un futuro desiderato, poi validazione iterativa delle assunzioni. La ToC era la mappa, gli OKR sono stati il sistema di navigazione.

E qui c’è anche il collegamento con Alex Osterwalder e The Invincible Company: exploration (sviluppare nuove competenze per nuovi business model) vs exploitation (ottimizzare competenze esistenti). La ToC ti dice quali competenze esplorare basandoti sulla logica causale verso il tuo futuro preferibile, non sul catalogo del momento o su cosa va di moda su LinkedIn.

La Theory of Change ti obbliga a fare il lavoro duro: definire il futuro, mappare il percorso, esplicitare le assunzioni, validarle una per una. Non è facile come sfogliare un catalogo, ma è l’unico modo per non sprecare budget formazione in corsi che non portano da nessuna parte.

Come iniziare lunedì mattina

Come applichi questo approccio nella tua azienda, a partire da lunedì?

Step 1: Identifica il long-term goal specifico

Non “vogliamo innovare” che non significa niente. Ma “vogliamo lanciare 3 prodotti validati dal mercato entro 18 mesi” o “vogliamo ridurre del 30% il time-to-market per nuove feature entro 12 mesi” o “vogliamo che l’80% delle decisioni strategiche sia supportato da dati entro 24 mesi”.

Specifico. Misurabile. Temporizzato.

Step 2: Backwards mapping delle competenze

Prendi una lavagna (fisica o Miro) e inizia a lavorare a ritroso: “Perché questo goal si realizzi, cosa deve essere vero? Quali capacità devono esistere?”

Non fermarti alle competenze tecniche. Includi quelle comportamentali (spirito critico, capacità di iterare, psychological safety) e strategiche (pensiero sistemico, causalità, capacità di leggere segnali deboli).

Continua a tornare indietro finché non arrivi a “cosa possiamo iniziare a fare oggi”.

Step 3: Esplicita e valida le assunzioni

Per ogni passaggio del tuo pathway, chiediti: “Cosa deve essere vero perché questo funzioni?”

Scrivi le assunzioni nero su bianco. Poi vai a validarle prima di comprare corsi. Interviste, sondaggi, pilot, piccoli esperimenti. Non assumere, verifica.

Step 4: Costruisci indicatori multi-livello

Non accontentarti di “numero di persone formate” o “ore di formazione erogate”. Sono vanity metrics che non ti dicono se stai davvero creando cambiamento.

Definisci indicatori a ogni livello:

  • Input: Budget speso, tempo allocato, risorse utilizzate
  • Output: Persone formate, moduli completati, certificazioni ottenute
  • Outcome: Comportamenti cambiati, nuove pratiche adottate, decisioni prese diversamente
  • Impact: Risultati di business, metriche strategiche mosse, goal raggiunti

Gli ultimi due sono quelli che contano davvero.

Step 5: Collegalo agli OKR

Ogni outcome intermedio del tuo pathway può diventare un Objective con Key Results misurabili.

Esempio:

  • Objective: “I team prendono decisioni basate su dati quantitativi”
  • KR1: 70% delle decisioni in sprint planning supportate da metriche (misurato in retrospettiva)
  • KR2: Riduzione del 30% del tempo speso in discussioni basate su opinioni vs dati
  • KR3: Per l’80% di quesiti senza dati viene sviluppato un sistema di A/B testing per validare l’idea

Le tue iniziative formative diventano il modo per muovere quei KR.

Barriere tipiche (e come affrontarle)

“Non abbiamo tempo per questo processo”

Risposta: Non avete tempo di NON farlo. Quante ore avete sprecato in formazione che non ha portato da nessuna parte? Una settimana investita bene in ToC vi fa risparmiare mesi di corsi inutili.

“Troppo complesso, vogliamo solo fare formazione”

Risposta: Fare formazione senza strategia è come guidare senza mappa. Puoi andare veloce, ma in direzioni casuali. Preferisco andare nella direzione giusta, anche se significa rallentare all’inizio.

“Il budget formazione è già allocato per quest’anno”

Risposta: Perfetto. Usa la ToC per validare se quei corsi già allocati contribuiscono al tuo futuro preferibile. Spoiler: probabilmente scoprirai che alcuni sì, altri no. Per quelli che non contribuiscono, rinegozia o ri-alloca l’anno prossimo. Almeno sai dove mettere i soldi.

Investire sul futuro, non comprare dal catalogo

Torniamo all’inizio. “Avete un catalogo?”

No, non ho un catalogo. Ho una metodologia per costruire la mappa che ti serve per arrivare dove vuoi andare.

La formazione aziendale non è un costo da ottimizzare o un benefit per tenere felici i dipendenti. È l’investimento più strategico che puoi fare, perché costruisce le precondizioni per il futuro che vuoi. Ma solo se lo fai bene.

E “farlo bene” significa:

  • Partire dal futuro che vuoi costruire, non dal presente che vuoi migliorare
  • Lavorare a ritroso per identificare le competenze necessarie
  • Esplicitare le assunzioni e validarle, una per una
  • Misurare a ogni livello, non solo quante persone hai formato
  • Collegare tutto a una logica causale verificabile, non a speranze implicite

Questo richiede più lavoro upfront. Richiede onestà intellettuale. Richiede ammettere “non lo so” invece di comprare il primo corso che sembra figo. Richiede pazienza, perché i risultati veri si vedono nel medio-lungo termine.

Ma l’alternativa è continuare a fare shopping da catalogo, sperando che magicamente quei corsi si trasformino in trasformazione aziendale. E ormai sappiamo com’è andata finora.

PS
Racconterò nel dettaglio questi contenuti durante EFI in Tour a Bologna il 27/11/2025.

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