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Blockchain, serve veramente?

Contrariamente a quanto molti affermano più passo il tempo a leggere post di sedicenti esperti di Blockchain e Crypto e più mi convinco che la tecnologia in questione oggi, rimanendo un ottimo spunto di discussione su fronte filosofico, non sia particolarmente utile ma anzi potenzialmente dannosa all’ambiente. Ma andiamo per gradi.

Premetto che questo articolo nasce dalla preparazione di un breve intervento sulla Blockchain in un corso di sostenibilità e quindi ha, per sua natura, forte connotazione su quei temi.

Poi vorrei eliminare totalmente dalla discussione il tema di speculazione finanziaria sulle Crypto Valute. Sul fronte puramente tecnologico non portano alcun valore, eticamente sono discutibili e, a mio parere, servono solo a spostare ingenti cifre su ambienti ancora troppo poco controllati dai sistemi fiscali tradizionali. Ovvio è che chi vuole investire in Crypto sia libero di farlo, ma deve farlo sapendo scientemente che sta facendo speculazione così come potrebbe farlo sul mercato immobiliare, azionario, delle materie prime o delle opere d’arte. Non è un tema di Blockchain o tecnologia rivoluzionaria ma di speculazione ad alto rischio.

Non voglio neanche addentrarmi a tecnicismi particolari, se volete capire come funziona una qualsiasi Blockchain ci sono miriade di siti e testi che possono approfondire il tema molto meglio di come potrei farlo io in un post.

Fatto fuori questo tema possiamo parlare della vera ciccia, cioè che i sistemi di Blockchain sono nati per risolvere problemi di trust, che sono computazionalmente onerosi e complessi da gestire.

La teoria

Il più famoso è quello dei generali Bizantini.

Tre o più generali bizantini devono decidere se attaccare o ritirarsi dato un ordine da un comandante superiore. Uno o più dei generali potrebbero essere dei traditori con l’intenzione di confondere gli altri, quindi potrebbe verificarsi il caso in cui il comandante dia ordini discordanti ai generali oppure il caso in cui uno dei generali comunichi ai propri colleghi un ordine differente da quello impartito dal comandante.

La soluzione del problema permette ai generali leali di evitare queste trappole.

https://it.wikipedia.org/wiki/Problema_dei_generali_bizantini

Risolvere questo genere di problemi porta alla luce le teorie cardine dietro al trust sulle reti P2P e distribuite con attori anonimi, e nello specifico cerca di risolvere tre classi di problemi: Fault Tolerance, Resistenza agli attacchi ed alle collusioni.

Sulla base di questi punti Satoshi Nakamoto (che sia un alias, un gruppo di persone, un illuminato o un rettiliano poco importa) ipotizza nel paper della Blockchain quanto segue:

Il problema principale con la valuta convenzionale è tutta la fiducia necessaria per farlo funzionare. La banca centrale deve fidarsi non per sminuire la moneta, ma la storia delle valute fiat è piena di violazioni di tale fiducia. Ci dobbiamo fidare delle banche per tenere i nostri soldi e trasferirli elettronicamente, ma lo prestano credito su bolle speculative con appena una frazione di riserva. Dobbiamo fidarci di loro con la nostra privacy, fidarci di loro di non lasciare che i ladri di identità drenano i nostri conti. I loro enormi costi generali rendono impossibili i micropagamenti.

http://p2pfoundation.ning.com/forum/topics/bitcoin-open-source

Ecco quindi che nasce la Blockchain, che si basa sui principi delle reti P2P e fornisce un set di dati trusted ed universali anche se ogni attore può non conoscersi o fidarsi l’uno dell’altro grazie all’uso di un registro condiviso e attendibile delle transazioni, in cui copie non modificabili e crittografate delle informazioni vengono archiviate in ogni nodo della rete.

Tutto molto interessante (sul fronte teoretico) e con un interessante risvolto su quello pratico. Infatti la Blockchain Bitcoin, che è basata su un principio di trust molto forte chiamato proof-of-work ha un costo di attacco ed hijacking molto alto tanto che (dati alla mano) solo in costo di potenza di calcolo bisognerebbe spendere circa 22 Miliardi di Dollari. Con questo costo, in costante crescita, può considerarsi virtualmente inattaccabile.

https://digiconomist.net/bitcoin-energy-consumption

Se volete approfondirne i temi vi consiglio un giro su blockchainhub.net ed il libro Token Economy appena uscito nella seconda edizione.

Il problema ecologico

Oltre al costo di hardware possiamo vedere anche quello energetico necessario per tenere in piedi la Blockchain e la relativa produzione di CO2 giornaliera. Rendendo di fatto tutta la piattaforma un immenso registro di informazioni sicuro ed immutabile con una forte, se non fortissima, connotazione energivora e non sostenibile per l’ambiente. Per di più con paper che dichiarano che quanto espresso in giro è solo una sottostima (inferiore del 40%) del reale problema.

Per darvi un’idea del costo della Blockchain Bitcoin le stime a Giugno la davano come la 45a “nazione” per consumi energetici, ad agosto è passata al 43° posto.

https://digiconomist.net/bitcoin-energy-consumption

Il voler poi utilizzare una Blockchain pubblica come Bitcoin per registrare transazioni (logistiche, bancarie, immobiliari) porta quindi ad un problema inaudito sul fronte della produzione di CO2, in sostanza ogni transazione costa all’ambiente 284.79 Kg di CO2 (erano 250.54 Kg a Giugno) più o meno quanto viene prodotto da una Alfa-Romeo Stelvio 2.2 per fare circa 1.800Km di strada.

Dal canto suo altre Blockchain altrettanto famose come Ethereum non se la passano meglio con un costo di esercizio di 22kWh per singola transazione ed un consumo di energia pari a quello di tutto il Costa Rica.

Casper, l’algoritmo di validazione basato su un processo di Proof-of-Stake e ottimizzato per ridurre i consumi, è ancora in via di sviluppo e non se ne vedrà l’utilizzo estensivo almeno fino al 2022.

Ci sono altri meccanismi di consenso, ma oggi hanno utilizzi particolarmente di nicchia o irrilevanti da non valere neanche lo sforzo della citazione.

Decentralized *

All’appello manca ora l’ultimo tema: le dApp, Decentralized Application, e le DAO, Decentralized Autonomous Organization.

Le prime sono, riducendone il concetto all’osso, catene di eventi che fanno partire ulteriori eventi e transazioni sulla Blockchain di riferimento. Una sorta di If-This-Then-That on steroids. Molto interessanti in ambito digitale ma con immensi buchi da colmare sulla frontiera digitale-analogica.

Per fare un esempio una dApp potrebbe essere associata al mondo delle scommesse accreditando su un wallet ethereum una certa cifra in base al risultato di una partita ed alla cifra scommessa. Così come potrebbe, allo stesso tempo, usare parte della vincita per pagare in automatico le relative tasse. O, per fare un esempio meno borderline, potrebbero essere usate in ambito logistico. Ad esempio tracciando lo spostamento della merce fino al magazzino per poi far partire transazioni economiche verso i trasportatori o per tracciare i tempi di stoccaggio del lotto.

Ma che succede se un operatore entra nello stesso magazzino, si prende la merce e se la porta a casa? Cioè cosa succede quando la frontiera tra digitale ed analogico viene interrotta per un comportamento umano non valutato in fase di sviluppo della dApp stessa?

Per come vengono realizzate le dApps non c’è modo di valutare tutti i casi e questo è il motivo per cui, se guardate i vari repository come dapp.com, la maggior parte delle Decentralized Application oggi vive nel mondo della finanza, online gaming, gambling e marketplace di beni digitali con qualche proof of concept per digitalizzare le informazioni del mondo analogico (come Chain.Link). In sostanza per far fare un vero passo avanti alle dApp bisogna, come per il Lean Manifacturing, che ogni fornitore di dati garantisca a sua volta i propri dati tramite una Blockchain e che non possa esistere manomissione dei processi dall’esterno.

pro e contro di smart contract / dApp

Sullo stesso piano tecnico, ma su un piano totalmente differente dal punto di vista etico e filosofico possiamo mettere le DAO.

Non nascondo che il concetto stesso di Organizzazione Autonoma e Decentralizzata mi affascini ed allo stesso tempo mi spaventi terribilmente. Stiamo infatti parlando di creare organizzazione autonome basate su processi automatizzati e codificati (sull’obiettivo della DAO stessa) che non possono, per loro natura, avere principi di empatia, etica o umanità.

Da una parte abbiamo efficienza pura per portare avanti gli scopi di una organizzazione (che può spaziare dal no-profit al venture capital) dall’altra parte abbiamo comandi eseguiti senza prendere in considerazione la controparte umana che ne sarà influenzata.

Quello che si sta cercando di realizzare con le DAO, come illustrato in questo paper e come visibile su piattaforme come Aragon, mi intriga veramente molto e penso che (più che la mera speculazione nelle Crypto) il vero investimento sul fronte della sperimentazione in ambito della Blockchain debba muoversi in questa direzione creando DAO veicolati a sistemi di obiettivi condivisi e trasversali alla propria organizzazione come quelli creati usando gli OKR e con approcci di People Augmenting come quelli introdotti da Aragon.

Conclusioni

Alla domanda: Serve una Blockchain?

La risposta non può che essere questa immagine:

ti serve una Blockchain?

Oppure questo paper del dipartimento di ricerca di Computer Science di Zurigo.

La tecnologia dietro alle varie Blockchain è attualmente ancora troppo energivora e poco sostenibile, inoltre casi spacciati come realizzabili solo tramite Blockchain si possono tranquillamente sviluppare con tecnologie più tradizionali (e stabili) senza scomodare registri pubblici a zero privacy.

Anche il tema delle Blockchain private è molto complesso, penso che l’unico vero motivo per fare una Blockchain privata sia quello di avere una DAO.

Sul fronte commerciale se, citando Nakamoto, devo fidarmi a prescindere di un singolo ente (proprietario della Blockchain privata) a questo punto salta tutto il principio di trust anonimo su cui si basa la Blockchain stessa, quindi altre forme di strutture per risolvere, ad esempio problemi di logistica già citati, possono essere tranquillamente risolte con sistemi già in commercio (o magari sviluppati meglio).

In sostanza penso che usare tecnologie come quelle relative alla Blockchain (BTC in primis ma anche ETH) per fare speculazione in Crypto oggi sia solo deleterio per il tutti noi e non abbia un solo ritorno tangibile e positivo sulla collettività. Sperimentare DAO e dApp con algoritmi di consenso meno energivori (ma altrettanto sicuri) deve essere la priorità (se vogliamo continuare ad usare la Blockchain).