Settimana scorsa mi è capitato di nuovo. Un’azienda manifatturiera mi contatta: “Francesco, dobbiamo rendere sostenibile il nostro business model. Ci serve qualcosa di concreto, non i soliti powerpoint sulla responsabilità sociale o progetti per piantare gli alberi.“
È la quarta volta quest’anno che sento questa richiesta. E ogni volta penso al mio articolo del 2020 su resilienza e sostenibilità, dove scrivevo di business model sostenibili con tanta propositività, ma ancora poca esperienza su implementazioni complesse alle spalle.
Cinque anni dopo, il quadro si è chiarito.
I principi erano giusti, ma ho scoperto che tra “dobbiamo considerare l’impatto ambientale e sociale” e “ecco come lo facciamo concretamente senza perdere sei mesi in analisi” c’è un gap significativo. Un gap che ha a che fare con la natura stessa della sostenibilità: non è una caratteristica che puoi “aggiungere” a un business model, ma una proprietà emergente di un sistema complesso dove ogni elemento influenza tutti gli altri. Un gap che ho attraversato con decine di clienti, imparando ogni volta qualcosa di nuovo sul campo.
La domanda che mi faccio sempre più spesso è: esistono strumenti che funzionano davvero? Che non siano né troppo teorici né troppo semplicistici?
Entra in scena il Triple Layered Business Model Canvas
Ed ecco che mi imbatto nel Triple Layered Business Model Canvas (TLBMC), sviluppato da Joyce e Paquin. Non è roba nuova (il paper è del 2016) ma è la prima volta che ci dedico il tempo necessario per capirlo davvero.
Il concetto è elegante e riconosce una verità fondamentale: la sostenibilità nei business model non funziona per addizione (“aggiungiamo un po’ di verde“), ma per trasformazione sistemica. Invece di cercare di integrare sostenibilità ambientale e sociale dentro il canvas classico di Osterwalder (approccio che ho sperimentato spesso, con risultati misti), si creano tre layer sovrapposti:
- Layer Economico: il business model canvas tradizionale
- Layer Ambientale: basato su una prospettiva di ciclo di vita
- Layer Sociale: basato su una prospettiva di stakeholder
Ogni layer ha i suoi nove blocchi, che si allineano verticalmente con quelli degli altri layer. L’idea è creare una “coerenza orizzontale” (ogni layer ha senso in sé) e una “coerenza verticale” (i blocchi si parlano tra layer).
Sulla carta, è geniale. Nella pratica?
In concreto
Ho provato ad applicarlo a un caso che conosco bene: un’azienda di packaging che produce imballaggi per e-commerce. Classico esempio dove sostenibilità significa tutto e niente.
Cosa funziona:
I tre layer ti obbligano a essere specifico. Non puoi più dire “siamo sostenibili” e basta. Devi riempire il layer ambientale con dati concreti: materiali, produzione, distribuzione, fine vita. E quello sociale con stakeholder reali: dipendenti, fornitori, comunità locali.
La visualizzazione è potente perché rende visibili le interconnessioni sistemiche. Vedere i tre canvas uno sull’altro fa scattare connessioni che prima non vedevi. Tipo: il tuo “customer relationship” economico che impatto ha sui tuoi “end-user” sociali? E le tue “key activities” economiche che “environmental impacts” generano? È come passare da una foto in bianco e nero a una a colori: il soggetto è lo stesso, ma improvvisamente vedi dettagli che prima ti sfuggivano.
Cosa non convince:
La complessità può paralizzare. Riempire tre canvas da nove blocchi ciascuno significa gestire 27 aree di analisi. È facile perdersi nei dettagli e dimenticare il quadro d’insieme.
Il rischio “paralisi da analisi” è concreto. Ho visto team passare settimane a discutere se un impatto va nel layer ambientale o sociale, perdendo di vista l’obiettivo: prendere decisioni migliori.
E poi c’è la questione dati. Il layer ambientale richiede informazioni che molte aziende non hanno sempre a disposizione. Senza una base di dati solida, il rischio è di lavorare su ipotesi poco fondate.
La mia ricetta (Work in Progress)
Dopo averci smanettato un po’, ecco come lo sto adattando per i miei clienti:
1. Inizia dal layer economico Non reinventare la ruota. Se il tuo business model canvas tradizionale non è solido, rafforza prima le fondamenta. La sostenibilità funziona meglio quando si innesta su basi economiche stabili.
2. Aggiungi un layer alla volta Non tre canvas contemporaneamente. Prima l’ambientale (più facile da quantificare), poi il sociale. Ogni layer deve avere senso prima di passare al successivo.
3. Focus sui blocchi che contano Non tutti i 27 blocchi sono ugualmente importanti per la tua azienda. Identifica i 5-6 che fanno davvero la differenza e concentrati su quelli.
4. Disegna la tua theory of change Prima di riempire i canvas, chiarisciti quale cambiamento vuoi ottenere e in che sequenza. Se l’obiettivo è ridurre l’impatto ambientale del 30%, quali sono gli step logici? Cambi prima i materiali, poi i fornitori, poi i processi? Il TLBMC ti aiuta a visualizzare le dipendenze, ma la strategia la devi definire tu.
5. Lavora con le metriche disponibili Non aspettare l’LCA perfetta. È meglio iniziare con dati che hai già e migliorarli progressivamente, piuttosto che rimandare perché non hai tutte le informazioni ideali.
In sostanza…
Il TLBMC non è la bacchetta magica che risolve tutti i problemi del modellare un business model sostenibile. Ma è uno strumento multidimensionale per approcciare i temi da più aspetti ed utile per chi vuole andare oltre i buoni propositi.
La sua forza sta nel riconoscere che la complessità non è un bug da correggere, ma una caratteristica intrinseca dei sistemi sostenibili. Non semplifica il problema, ma lo rende navigabile.
Quando usarlo:
- Aziende che hanno già un business model funzionante e vogliono renderlo più sostenibile
- Team che non si accontentano di “green washing” ma vogliono cambiamenti strutturali
- Progetti con tempo e risorse per fare le cose per bene
Quando evitarlo:
- Startup che stanno ancora cercando il loro product-market fit
- Aziende in crisi che devono prima sistemare i fondamentali economici
- Situazioni dove serve velocità più che precisione
La cosa importante da comprendere è che la sostenibilità nei business model non è una checklist da spuntare, è un modo diverso di pensare al valore che viene creato, per chi viene creato, ed a che prezzo (non solo economico).
Deve essere un pensiero sistemico applicato al business: riconoscere che ogni azione genera conseguenze multiple, spesso non lineari, e che il successo si misura su più dimensioni contemporaneamente.
E, forse, il TLBMC può aiutare ad organizzare questo pensiero, ma non lo fa per te.